Orizzonti culturali Italo -Rumeni
Orizonturi Culturale Italo - Romae
Rivista interculturale bilingue
ISSN 2240 - 9645
In dialogo con il Maestro Ioan Tăbăcaru, che insegna l’arte del legno agli italiani da 20 anni
«Entra chi vuole e resta chi si appassiona». Queste parole sono incise sulla lavagna dell’insegnante e del maestro Ioan Tăbăcaru, nel suo laboratorio di Valfenera (provincia di Asti, Piemonte) dove ospita la Scuola di Scultura ornamentale su legno «Amici del legno Valfenera». Un laboratorio preso dalle favole con artigiani che si dilettano con il legno. In una casa bianca, a lato della strada che passa tra le colline da Valfenera verso Ferrere, da circa 20 anni riceve allievi di tutte le età, italiani e romeni, per insegnare loro l’arte del legno. Originario di Bacău, ex insegnate e per 16 anni professore alla Scuola popolare d’arte a Bacău, Ioan Tăbăcaru è uno dei discepoli di Alexandru Huțanu, il più famoso artista della Moldavia, fondatore della scuola di scultura ornamentale di Bacău e realizzatore di oltre 100 iconostasi. Come il suo mentore, Ioan Tăbăcaru si è circondato di amici e amanti dell’arte del legno. Dal 1995 in Italia, non ha rinunciato alla sua passione più grande: il contatto con gli allievi e la trasmissione delle sue conoscenze, come una linfa cui si possano abbeverare le future generazioni di scultori. Nel 2000 ha fondato insieme ad amici italiani, un’associazione culturale nel cui ambito c’è la Scuola di scultura ornamentale «Amici del Legno Valfenera», con cui ha partecipato a numerose mostre, fiere specializzate, concorsi, simposi e ovviamente anche alle feste dei paesi e delle località alle quali è stato invitato. Nel suo atelier il maestro è disponibile per tutti, una persona di grande sensibilità e garbo morale e artistico. Chiunque varchi la soglia del suo laboratorio, resta incantato della passione con cui descrive tutto ciò che attiene alla sua attività, indicando a volte diversi oggetti lignei, modelli e strumenti, in un ambiente da cui tutti usciamo più ricchi.
Quando è arrivato in Italia, nel 1995, ha pensato che sarebbe rimasto?
Non ci ho pensato. Sono venuto perché avevo alcuni miei allievi romeni qui in Italia. All’inizio desideravo lavorare per poter guadagnare abbastanza per aprire una scuola privata di scultura in Romania. Appena arrivato, ho lavorato per due anni al restauro dei castelli privati di San Paolo Solbrito e Villanova d’Asti, che avevano soffitti di legno massello decorati in stile rinascimentale. È stato un enorme piacere soprattutto perché non c’è stata una netta rottura tra insegnamento e lavoro di bassa manovalanza. Questi lavori artistici hanno alleviato il dolore per il distacco da casa. Ero in una squadra di romeni, mentre facevo questi lavori di restauro e io mi occupavo dei soffitti. Poi le nostre strade si sono separate, e ognuno ha trovato un altro posto di lavoro. Dopo aver finito l’università, mio figlio ha voluto venire in Italia, poi anche mia moglie, così sono rimasto qui. A Bacău avrei potuto continuare quello che faceva il mio maestro, Alexandru Huțanu: arredi liturgici o iconostasi. A un certo punto ho avuto una classe di 40 allievi alla Scuola Popolare d’Arte. Ma, alla fine, qui sono entrato in una cerchia culturale e artistica che mi ha aperto nuovi orizzonti.
Di che cosa si tratta?
Ho conosciuto il prof. Angelo Masperoni che a quel tempo gestiva la biblioteca di Villanova d’Asti e sono entrato in un gruppo di intellettuali, l'Università per la Terza Età, che si riuniva a Villanova D’Asti e aveva molte iniziative culturali. Accoglieva persone importanti di due province, sia di Torino, sia di Asti. Più avanti, nel 2000, Angelo Masperoni è diventato presidente dell’associazione «Amici del legno Valfenera». Quel gruppo aveva molti artisti figurativi, come i pittori, io ero l’unico scultore, e sono riuscito a integrarmi rapidamente nel loro gruppo. Le mie sculture in legno si affiancavano così alle altre opere nelle esposizioni di pittura apportandovi un valore in più. Mi ricordo del prof. Emilio Platinetti di Chieri, o dell’attore Carlo Roncaglia dell’Accademia dei Folli. Straordinari, ho visto a Poirino una messa in scena inconsueta della Cantatrice calva di Ionesco, montata da questa compagnia teatrale ora a Torino. Erano intellettuali insoliti, alcuni di loro non ci sono più.
Invece, la scuola di scultura? Come è nata?
La scuola è nata intorno a un processo, evidentemente dobbiamo sempre lavorare intorno a un processo di creazione personale. Ho notato che in questa zona (Villanova d’Asti) non esisteva un movimento o una fiera legata all’arte del legno. Ad Asti o a Torino c’erano scultori rinomati che lavoravano nei castelli, ma non esisteva un corso tecnico per le persone comuni. Esistevano solo laboratori di carpenteria ma non di scultura ornamentale. Ci sono scuole di scultura in Val di Susa o in Val d’Aosta, ma sono troppo lontane da raggiungere dalle nostre zone solo per imparare un mestiere. Così ho fondato l’associazione culturale italo-romena «Amici del legno Valfenera», all’interno della quale la scuola di scultura si è messa in evidenza e tra una anno arriveremo ai 20 anni di esistenza. All’inizio mi è stato chiesto se volevo creare uno stile separato. Mi divertiva perché i miei obiettivi non coincidevano con quelli dell’accademia d’arte. Io mi incontro con degli amici che amano il legno e con i quali cerchiamo di rivitalizzare insieme la vita artistica di questo campo. Il mio obiettivo non è creare artisti. È importante il mestiere: per fare una foglia di acanto in un certo modo non è sufficiente essere un grande artista. Bisogna che alla base ci sia il mestiere. Brâncuși ce l’aveva. Lui, nel viaggio verso Parigi, ha lavorato in diversi opifici di arredamento e scultura. Come base ha frequentato la Scuola di Arti e Mestieri di Craiova. È partito così come penso io, dal mestiere verso l’arte, nella scultura si parte dal mestiere. Così come a scuola devi imparare un linguaggio, che devi poi applicare e se il Cielo vuole che ne esca dell’arte, certo… è un gran bene.
Quanti anni servono agli allievi del suo atelier per apprendere l’arte del legno?
Tre o quattro anni, dipende molto dalla passione e dall’impegno dell’allievo. Come dicevo, la scultura si impara come un linguaggio, come a scuola, le prime lettere sono i primi intagli. Senza se e senza ma serve l’ABC. Ho suddiviso il corso in questo modo: la prima parte è geometria. Senza che spieghi loro ogni simbolo e il suo carico mitologico. Nell’arte popolare i simboli avevano molteplici accezioni magiche. Avevano significati come i geroglifici. Ora si è perso, non hanno più il valore mitologico che avevano nella cultura antica. Nel momento in cui si impartisce la prima lezione, si può dire qualcosa sul primo albero della vita. Quindi il primo anno (magari due) è solo geometria. La seconda parte è la parte decorativa. L’ornamento: diverse foglie, fiori, figure, composizioni vegetali, zoomorfe, e così via. Alcuni denigrano questo aspetto della scultura. Ma con chi si può fare una scultura come a Văcărești? Certo non solo con chi fa unicamente statue! Serve tecnica e studio personale applicato alla tecnica dell’ornamento. La scuola aiuta, attraverso il mestiere, a padroneggiare gli strumenti, a far sì che ti ascoltino. E anche a sapere come affinarli. Per chi supera le prime due parti, la terza parte del corso è la scultura a «tutto tondo». Infine, qualche alunno corre verso la scultura tutto tondo. Lì il maestro può aiutare molto poco. Le sottigliezze dipendono dall’artista e da quanto ha accumulato nella parte ornamentale. L’ispirazione per la scultura con la «S» maiuscola dipende da Dio e dal valore personale. Questa parte non si insegna. È il traguardo finale, un coronamento, per chi arriva se ha attraversato tutte le tappe positivamente. In questo modo il viaggio è più facile. Puoi fare la Venere, se hai anche la possibilità di guidare la mano e lo strumento senza premere né troppo, né poco. Dove hai tagliato, resta tagliato. Non è come con l’argilla che puoi aggiungere o incollare.
Quanti allievi vi raggiungono e come si armonizzano gli italiani con la scultura romena?
Devo precisare che la maggior parte dei miei allievi sono italiani, non romeni. Ogni anno credo che per il mio laboratorio passino almeno 10 nuovi allievi. Non sono solo persone della zona, ma anche di Torino, Moncalieri e altre città. Con alcuni si è instaurata un’amicizia duratura. Nel 2016, quando ho compiuto 60 anni, ho organizzato una mostra a Villanova d’Asti, in occasione dei 15 anni dall’apertura della scuola, proprio là sono stati esposti diversi lavori dei miei allievi di tutte le età. Un momento molto bello perché c’erano due dei miei allievi della Scuola Popolare di Arte di Bacău: lo scultore Viorel Bătrânu che aveva frequentato la prima classe, e Emilian Moise, che era stato nell’ultima. Al nostro fianco c’è anche il presidente della nostra associazione, il dottor Ivo Bogetto, persona di grande fama e talento artistico. Parlavamo poco fa del primo presidente della nostra associazione, il prof. Angelo Masperoni, che ora, data l’età avanzata, è rimasto presidente ad honorem. Il suo posto è stato preso da Ivo Bogetto, ex sindaco di Villanova d’Asti, con un passato di medico di famiglia, molto stimato in questo comune. È uno dei miei allievi e la sua presenza nella scuola di scultura ha fatto sì che non si parlasse male di me, in quanto romeno, diciamo. Mi riferisco a certe tendenze maliziose di alcune persone che interpretano le cose in modo sbagliato. Per quanto riguarda la scultura romena, si armonizza bene (con gli italiani). Quando ho iniziato la scuola, ho fatto notare, nella sua evidenza, qualcosa di straordinario: la somiglianza della scultura romena con quella della Valle Varaita (una valle montana del Piemonte, N.d.R.). Questo mi ha confermato la convinzione che alla base ci deve essere una parte popolare, tradizionale, che esiste in ogni popolo. Negli oggetti e sulle porte ci sono motivi geometrici caratteristici quasi identici, elementi decorativi che hanno avuto una certa circolazione tra le popolazioni indoeuropee che si sono stabilite sul territorio italiano e romeno. Ho rafforzato questo studio personale partecipando a numerose mostre e dimostrazioni dal vivo, che ho fatto in diverse località e dove ho avuto l’occasione di incontrare altri scultori con i quali c’è stato uno scambio di idee. Poi ho raccontato ai miei allievi che sotto la dittatura di Ceaușescu in Romania, eravamo stati trattati come le vittime di Procuste (fortemente limitati, N.d.R.): «testa troppo grande, gambe troppo lunghe». I comunisti hanno definito la scultura in legno come rustica o eredità dei vecchi, nelle scuole d’arte non ci si poneva neppure il problema di realizzare qualcosa in stile barocco o come nel castello di Peleș, a Sinaia. Abbiamo perso moltissimo in Romania a causa di queste libertà limitate. I miei allievi sono persone di varia provenienza, alcuni sono professionisti, altri sono medici, pensionati; facciamo porte, icone, altari, oggetti, mobili e altre cose. Sono felice perché in questo modo so di lasciarmi qualcosa alle spalle.
In chiusura le chiedo della Colonna Romena, che si vede dalla strada. Quando è stata realizzata e cosa rappresenta?
La Colonna Romena è stata inaugurata nel 2010, quando c’è stata la sua benedizione, perché è considerata un’edicola votiva per via delle croci che la compongono. Ho installato questa colonna scolpita per dare un segno, in primo luogo, della nostra presenza. Ho scelto la colonna perché la sua forma è rappresentativa per l’arte romena. È alta almeno 5 o 6 metri ed è di legno di rovere, l’ho scolpita insieme a un altro romeno, Gheorghiță Dulhan, di Settimo Torinese (scultore romeno premiato in diversi concorsi artistici italiani, N.d.R.). Sulla colonna sono stati rappresentati 4 punti importanti per il popolo romeno: 1. La nascita del popolo e i personaggi di Traiano e Decebalo; 2. La latinità della lingua romena attraverso la rappresentazione dell’albero della vita: ogni foglia è una ramificazione verso una lingua neolatina; 3. La lotta per l’indipendenza attraverso la presenza dei volti dei personaggi storici Vlad L’Impalatore e Stefano il Grande; e 4. Il Cristianesimo Ortodosso attraverso Sant’Andrea, la colonna ha il volto di Gesù Cristo e la croce in alcune posizioni: una in una rosetta, una croce semplice verso Oriente e a Occidente un volto sacro. I sacerdoti che hanno officiato la liturgia di benedizione all’inaugurazione erano molto giovani, appena ordinati, erano i due sacerdoti romeni di Asti e Bra, insieme al parroco cattolico italiano di Valfenera. La colonna ha una base architettonica in stile popolare romeno e segue poi la parte superiore come l’ho descritta prima. La parte alta comprende il volto di un milite ignoto, mi sono immaginato un bel romeno, un uomo coraggioso. Vlad l’Impalatore è presente perché tutti gli italiani mi chiedevano di Dracula, così ho rivelato loro il personaggio storico, uno che ha sconfitto molte volte i Turchi, lo stesso Mohamed. Il viso di Stefano il Grande è un medaglione frontale. Personalmente rimarrò per sempre innamorato della sua figura, perché ha lasciato molti monasteri e il sogno dell’unione romena. All’inaugurazione sono venute anche le autorità della zona, il sindaco di Valfenera, i miei allievi con le loro famiglie, i sacerdoti e la stampa. È stato un momento memorabile al cui termine c’è stata una festa romena. Per me e per Gheorghiță Dulhan resterà un sogno che si è realizzato, scolpito nel legno.
Intervista realizzata da Irina Niculescu
Traduzione di Diego Garassino
(marzo 2019, anno IX)